Gentili Signore e Signori,
l’istituto della prescrizione dell’azione penale è previsto dalla maggior parte degli ordinamenti giuridici. La dottrina lo motiva con una serie di ragioni, tra cui in particolare il fatto che con il passare del tempo viene a mancare il bisogno di repressione e punizione. Inoltre, il termine di prescrizione induce le autorità di perseguimento penale ad agire rapidamente. Ma vi sono anche ragioni pratiche: quanto più tempo passa tra la commissione del reato e l’avvio del procedimento penale, tanto più difficile diventano la raccolta delle prove e l’accertamento dei fatti, con il conseguente pericolo di errori giudiziari.
Contrariamente a quanto succede per il principio invariabile della prescrizione, i termini di prescrizione sono sottoposti all’influsso dello spirito del tempo. Permettetemi di tornare indietro di due decenni, servendomi dell’esempio dei termini di prescrizione dell’azione penale per i reati sessuali ai danni di fanciulli.
Nel 1985, nel messaggio sulla revisione del diritto penale in materia sessuale, il Consiglio federale propose, nell’interesse delle vittime, di ridurre il termine di prescrizione da dieci a due anni. In tal modo intendeva tenere conto delle esperienze di psicologi e psichiatri, affermando che «lo scopo è quello di evitare alla vittima che abbia ritrovato il proprio equilibrio psichico un nuovo sconvolgimento dovuto alle necessità dell'inchiesta e dell'istruzione. Il termine di prescrizione molto breve tiene anche conto delle grandi difficoltà di prova in questo settore». Tuttavia, il Parlamento si oppose a una riduzione così drastica del termine di prescrizione, argomentando ad esempio che a volte gli psichiatri dimenticavano che non si tratta soltanto di rispettare le vittime, bensì anche di tenere conto del diritto al perseguimento penale dello Stato e dell’obbligo di punire l’autore del reato. Nel corso del dibattito il Parlamento decise infine di proporre un termine di prescrizione di cinque anni.
Poco dopo l’entrata in vigore, nel 1992, del nuovo diritto penale in materia sessuale, le opinioni sull’argomento cambiarono radicalmente in seguito a casi spettacolari di abusi commessi su minori e al cosiddetto turismo del sesso, giudicato sempre più problematico. La questione della prescrizione per i reati sessuali commessi ai danni di fanciulli fu quindi riproposta in una serie di interventi parlamentari.
Nel 1996 la Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale definì la riduzione del termine di prescrizione un «lasciapassare per gli autori dei reati», adducendo che i crimini ai danni di fanciulli spesso venivano alla luce negli studi medici o psicoterapeutici solo molti anni dopo essere stati commessi. La Commissione ritenne che bisognava agire rapidamente e con una procedura urgente provvide per mezzo di una sua iniziativa a reintrodurre già nel 1997 un termine di prescrizione di dieci anni.
Ancora prima dell’entrata in vigore del nuovo termine di prescrizione, la Commissione presentò inoltre una mozione in cui invitava a tenere pienamente conto dei risultati più recenti della criminologia e a tutelare maggiormente le vittime. La mozione diede avvio a una nuova revisione del diritto penale che sfociò nella nuova disciplina in vigore dal 2002. Quest’ultima prevede un termine di prescrizione di 15 anni per i reati sessuali e i crimini violenti gravi commessi ai danni di fanciulli. Inoltre, l’azione penale non si prescrive prima che la vittima abbia compiuto venticinque anni.
Dopo che negli ultimi 16 anni il termine di prescrizione è stato modificato tre volte, ci ritroviamo ora di fronte alla richiesta dell’imprescrittibilità. Se l’iniziativa popolare dovesse essere approvata, si passerebbe da un estremo – la revisione del 1992 con un termine di prescrizione di due o cinque anni – all’altro. Con il controprogetto indiretto il Consiglio federale e il Parlamento hanno invece elaborato una soluzione equilibrata e appropriata che corrisponde inoltre a quelle adottate dalla maggior parte dei Paesi europei.
Ultima modifica 21.10.2008